Ci sono settantacinque volumi di manoscritti e correzioni e quattro quaderni di Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust, scritti tra il 1909 e il 1922. Jonathan Littell ha scritto Le benevole in 112 giorni, dopo un anno e mezzo di ricerca a Mosca nel 2001: due bozze sono state scritte a mano e una terza è stata digitata al computer. Ma molti altri scrittori della sua generazione vanno oltre, dimenticando ormai la carta: scrivono direttamente utilizzando un programma di elaborazione testi che, a meno che non lo richiediamo specificamente, non salva alcuna traccia delle correzioni e delle riflessioni successive che hanno costituito la gioia dei critici letterari per secoli. La letteratura sta diventando il regno eterno delle versioni definitive.
"Distruggendo la possibilità di memoria, stiamo costruendo un futuro in cui non saremo più" afferma Pierre-Marc de Biasi, direttore dell'Item (Institut des textes et manuscrits modernes). Il grido di allarme di questo studioso di Gustave Flaubert (noto per le sue bozze tormentate) si basa sull'affermazione che negli ultimi vent'anni la maggior parte degli scrittori si è convertita ai manoscritti digitali nativi, cioè manoscritti scritti direttamente al computer, così che non rimane alcuna traccia dell'origine del loro lavoro.
Per la prima volta dal XVIII secolo, stiamo vivendo in un'epoca in cui nulla del vasto lavoro preparatorio che precede l'opera completa rimarrà. Di conseguenza, gli studiosi, abituati a analizzare nel dettaglio l'evoluzione di un passaggio di Jane Austen o di Honoré de Balzac, si rendono conto che in futuro non avranno nulla da esaminare per capire come un autore sia arrivato a creare un capolavoro del nostro tempo.